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Curiosità, consigli e approfondimenti da bere tutti d’un fiato

Matera e le sue acque sotterranee

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CURIOSITÀ

Dichiarata “vergogna nazionale” e coinvolta in un’operazione di sfollamento nel 1952 che coinvolse 3.000 case, negli ultimi anni è rinata, proprio a partire dai suoi “vergognosi” Sassi. La città lucana, da nuova Capitale Europea della Cultura, offre ai visitatori un fittissimo calendario di eventi. Ma è già da alcuni anni che ormai il luogo ha una nuova linfa, diventando una meta turistica molto frequentata e apprezzata. 

Nel 1993 è stata dichiarata Patrimonio Mondiale dell’Umanità: l’UNESCO ha deciso di conferirle questa onorificenza introducendo per la prima volta nelle motivazioni il concetto di Paesaggio Culturale. Matera non è solo spettacolare, è anche una città dalla storia antichissima, i cui abitanti seppero realizzare opere di ingegneria che hanno resistito nei millenni e che si integrano con la natura in un modo unico al mondo.

La storia  dei Sassi

primi insediamenti risalgono all’era del Neolitico. Matera nacque e si espanse intorno e all’interno di una grande rupe calcarea: il complesso dei Sassi, con le sue famose abitazioni a una sola facciata scavate nella pietra e un sistema di approvvigionamento idrico costituito da acquedotti, cunicoli e cisterne sotterranee che permettevano di convivere con la scarsità d’acqua tipica della zona, aggravata dal suo complicato posizionamento. 

Formidabile fu la forza con la quale il popolo dei Lucani scavò la roccia per ricavare spazi abitabili, ma ancor più impressionante fu l’essere riusciti a rendere disponibile la risorsa primaria, l’acqua, intercettandola dall’alto della Murgia.

La figura del palombaro di Matera

La rete idrica così progettata fin da tempi remoti, era in grado di sfruttare al meglio ogni goccia d’acqua raccogliendo sia quella piovana che quella di condensazione. L’utilizzo di tecniche di scavosempre più raffinate, nonché una capacità di raccolta e conservazione sotterranea delle acque sono rimaste esemplari.

Basti pensare che il palombaro di Matera – questo il termine con cui si indicano le cisterne antiche – è il più grande d’Europa e coi suoi 18 metri d’altezza e 50 di larghezza poteva contenere fino a 5 milioni di litri di acqua. Rivestito di un materiale detto cocciopesto, un’amalgama di argilla e paglia, aveva pareti impermeabili, per evitare che l’acqua venisse assorbita dalla rocce calcaree porose.

I palombari raccoglievano acqua anche quando non pioveva, sfruttando la condensazione e il fenomeno dell’escursione termica, di giorno e di notte. Il sistema idrico prevedeva addirittura due tronconi, uno per il Sasso Barisano e l’altro per il Sasso Caveoso, con cisterne lungo il tragitto dotate di canaline che permettevano di spostare l’acqua, in caso di sovrabbondanza. La rete utilizzava poi un sistema di vasi comunicanti, efficace anche per filtrare i detriti.

Il declino e la rinascita della città

Il sistema così organizzato ha funzionato perfettamente fino al XIX secolo, quando inizia la fase di declino: la città ospita i contadini della zona, troppo poveri per vivere altrove, le condizioni di vita sono durissime e la densità di popolazione nei sassi è tale che molte cisterne vengono svuotate e adibite ad abitazioni.

Quando agli inizi del ‘900 Matera venne ricostruita, il sistema idrico di un tempo fu quasi completamente distrutto: se l’obbiettivo era quello di modernizzare la città lucana, il risultato fu di alterare la struttura della città antica e in primo luogo la rete capillare perfetta e il sistema di raccolta che costituivano la sua rete idrica.

Dagli anni Venti del XX secolo la città è servita dall’acquedotto pugliese, ma dal 1991, dopo un sapiente lavoro di scavi, il sistema idrico di Matera è tornato alla luce e si può visitare, per ammirare anche sotto terra l’ingegno dei popoli antichi.